Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia [thauma]: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dell’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.
(Metaph. A 2, 982 b 11-21, trad. it. Giovanni Reale)
Non è per ignoranza che ci meravigliamo. Ognuno riconosce di non sapere alcune cose, ma non per questo se ne meraviglia e desidera poi scoprire cosa c’è dietro, come funziona. Anche solo per motivi di tempo, per quanto possa essere curioso, forse mi disinteresserò e, per esempio, non approfondirò mai il modo esatto in cui si propaga la luce nell’aria. Non lo so, ma sto bene così: non è automatico il passaggio dall’ignoranza al desiderio di conoscenza.
E infatti la meraviglia forse è per le cose che risultano diverse da come ci aspettavamo e che per questo arrivano persino a turbarci. Mi meraviglierei se la luce del sole non illuminasse come sempre ho visto, se qualcosa andasse in modo diverso.
È un turbamento positivo, ed è così che nasce la meraviglia di Aristotele, quella che muove ad agire, incuriosisce, e spinge ad avvicinarci per conoscere. Guardare con attenzione, ascoltare, cercare di capire. Stupore, bocca aperta. E allora desidero sapere, perché, tra tante cose che non so, questa non me l’aspettavo.
Ne parlavo con un gruppo di studenti liceali. E ci siamo chiesti: ma noi ci meravigliamo ancora oggi? E per cosa?
Abbiamo il tempo, lo spazio mentale, e la voglia di fermarci a guardare con più attenzione qualcosa? E se no, perché?
A volte le nostre vite, forse, sono troppo piene, iperorganizzate. Non sarà che abbiamo paura di non poter controllare tutto, che tutto sia previsto e vada come mi aspettavo?
Forse, anzi, il vero punto è che, a volte, non vogliamo proprio meravigliarci.
Ma com’è una vita senza meraviglia?
Per questo, nella sua caotica follia, ci siamo ricordati improvvisamente di Joker (quello vecchio, il nuovo è ancora da vedere). Joker, l’agente del caos, che stupisce, incuriosisce, attrae e finisce per sembrar quasi… ragionevole.